Anlässlich des Welttages der Seltenen Krankheiten 2023 veröffentlichen wir ein Interview (in italienischer Sprache), in dem Dr. Francesco Benedicenti, Leiter des Genetischen Beratungsdienstes und des Koordinationszentrums für Seltene Krankheiten des Südtiroler Sanitätsbetriebs, darüber spricht, was unter einer Diagnoseverzögerung zu verstehen ist, was die Ursachen dafür sind, welche Dienste in der Provinz Bozen aktiv sind und welche Erwartungen man für die Zukunft in Bezug auf dieses Thema hat.
D – Buongiorno Dott. Benedicenti, quest’anno, in occasione della giornata dedicata alle malattie rare, si è voluto porre l’accento sul ritardo diagnostico. Cosa può dirci al riguardo e qual è l’entità di questo fenomeno?
R – È sicuramente vero che molti pazienti affetti da queste patologie, prima di ottenere la diagnosi corretta, si trovano ad affrontare quella che a volte viene descritta come una vera e propria “Odissea diagnostica” o a incappare in una sorta di “labirinto diagnostico”. Due immagini, queste, che rendono molto bene l’iter particolarmente lungo e travagliato che in alcuni casi le persone con malattia rara e le loro famiglie sono costrette a percorrere per arrivare al chiarimento diagnostico e che in genere porta a consultare più centri clinici, non sempre dotati della necessaria competenza, e ad eseguire “infiniti” accertamenti, talvolta non del tutto appropriati e anche molto costosi. In questi casi, inoltre, prima di arrivare alla diagnosi corretta, vengono spesso poste una o più diagnosi errate, che ritardano l’accesso ad eventuali terapie efficaci per il trattamento della patologia, o che portano alla somministrazione di cure mediche inappropriate o, peggio, controindicate. Una diagnosi tardiva comporta anche un ritardo nell’avvio di un follow-up finalizzato al monitoraggio della malattia e alla prevenzione o a un’ottimale gestione delle sue complicanze, e, in definitiva, ad una prognosi peggiore. Per molte condizioni, infatti, è stato ormai ampiamente dimostrato come a un maggior ritardo nella diagnosi corrisponda una prognosi più severa. Il ritardo diagnostico ritarda, inoltre, l’ottenimento della specifica esenzione ticket e il godimento di tutti i benefici ad essa collegati. Nel caso delle malattie ereditarie, poi, esso comporta un ritardo nell’accesso alla consulenza genetica e a tutti i vantaggi in termini di prevenzione che da questa possono scaturire, non solo per la persona affetta ma per l’intero nucleo familiare.
Si comprende, pertanto, come quella del ritardo diagnostico sia una questione di fondamentale importanza in tema di malattie rare sia per i pazienti e le loro famiglie che per il Sistema Sanitario pubblico. Il ritardo diagnostico, infatti, va a incidere in maniera significativa non solo sulla salute e sulla qualità di vita di queste persone ma anche sui costi per la Sanità pubblica.
Venendo ai dati numerici del fenomeno, dagli studi pubblicati nella letteratura scientifica e da rapporti pubblicati da organismi istituzionali e associazioni di pazienti, sia a livello nazionale che internazionale, risulta che il 25%-33% dei pazienti con malattia rara impiega dai 5 ai 30 anni per ricevere la diagnosi corretta, che nel 34%-52% dei casi questa è preceduta da almeno una diagnosi sbagliata e che, prima di ottenere la diagnosi corretta, il 38% dei pazienti pediatrici esegue almeno 6 visite mediche e il 66% dei pazienti adulti ne esegue almeno 3. Alcuni studi hanno stimato un tempo di attesa medio tra la comparsa della malattia e la diagnosi corretta che va dai 4 ai 7,5 anni. Va tuttavia precisato che i dati sono, in genere, disponibili solo per alcune malattie rare, che possono osservarsi anche significative differenze tra una malattia rara e l’altra, tra l’età pediatrica e quella adulta e tra i sessi, e che le metodologie utilizzate per stima del ritardo diagnostico non sono sempre le stesse. La maggior parte degli studi, inoltre, si basa sulla somministrazione di questionari, una metodologia che espone a ben noti bias, ossia distorsioni, di misurazione del dato, che possono minare la l’accuratezza dei risultati. Per molte malattie, poi, è oggettivamente difficile risalire con precisione all’esordio dei primi sintomi e segni clinici.
D – Cosa determina il ritardo nella diagnosi delle malattie rare?
R – I fattori causali del ritardo diagnostico o, peggio, della mancata diagnosi di queste patologie sono diversi e anche ben noti. Innanzitutto, la rarità e la notevole numerosità di queste condizioni sono alla base della loro limitata conoscenza da parte dei medici e della ridotta expertise clinica al di fuori dei pochi centri specialistici di riferimento. Del resto, le malattie rare hanno, per definizione, una prevalenza, ossia una frequenza nella popolazione generale, inferiore a 1 su 2.000 o inferiore a 1 su 50.000, nel caso delle malattie ultrarare, e per molte di esse non si può neanche parlare di prevalenza ma solo di numero di casi noti al mondo; attualmente, inoltre, ne sono note circa 8.000 e ne vengono descritte sempre di nuove.
Poi, tra i fattori alla base del ritardo diagnostico, ci sono l’aspecificità e la somiglianza della sintomatologia di molte malattie rare con quella di malattie a maggior prevalenza e la necessità, per ottenere la diagnosi, di test spesso molto specifici, piuttosto complessi, costosi e non diffusamente disponibili.
Un altro importante fattore è l’inadeguata organizzazione sanitaria, qualora non vengano sviluppate reti dedicate alla diagnosi dei malati rari o tali reti non vegano messe in condizione di funzionare adeguatamente.
Si può inoltre citare la carenza sia di protocolli diagnostici dedicati alle varie malattie rare sia di specifici percorsi multidisciplinari diagnostico-terapeutico-assistenziali (PDTA).
Va, infine, nominata la tendenza di alcuni a non contattare, qualora esistenti, i servizi ufficialmente dedicati ad informare ed orientare le persone riguardo ai centri diagnostici a cui rivolgersi, ma ad affidarsi al “sentito dire”, a una sorta di passaparola o alla consultazione diretta di siti internet (il famoso “dottor Google”), dai quali non di rado si ottengono informazioni fuorvianti o decisamente sbagliate.
È comunque anche importante precisare che in diversi casi il ritardo diagnostico è solo “apparente” e in un certo senso “fisiologico”.
D – Cosa intende dire?
R – Intendo dire che la latenza tra l’esordio della patologia e la diagnosi corretta di una malattia rara non va considerata sempre e automaticamente come un “ritardo diagnostico”, secondario a un deficit conoscitivo della patologia da parte della classe medica, a un’inadeguata organizzazione sanitaria o ad altro. In alcuni casi tale latenza è semplicemente una conseguenza, poco o nulla modificabile, della storia naturale di quella specifica malattia. Molte patologie, infatti, possono avere un esordio lento e piuttosto subdolo, per cui, a posteriori, si riesce a risalire all’individuazione del periodo di comparsa dei primi segni o sintomi, ma al loro primo manifestarsi questi possono essere talmente lievi e aspecifici da non consentire un’immediata diagnosi. Ad esempio, la malattia di Huntington in circa un terzo dei casi esordisce con sintomi di natura psichiatrica, come umore leggermente depresso, irritabilità o minime modifiche comportamentali, in assenza dei tipici movimenti involontari o in presenza di manifestazioni neurologiche davvero molto sfumate. In questi casi si riesce a porre la diagnosi clinica solo con il lento progredire della patologia, talvolta a distanza di molti mesi, se non anni, dall’esordio della sintomatologia, specie nei soggetti che sono il “caso indice” della famiglia, ossia la prima persona affetta del nucleo familiare in cui viene posta la diagnosi.
Altre condizioni sono caratterizzate da una penetranza età-dipendente di alcune manifestazioni patologiche, per cui alcuni segni clinici, fondamentali per poter porre la diagnosi, si palesano ad età successive rispetto all’età di comparsa dei primi segni clinici. Ad esempio, la sindrome di Usher di tipo 2 è caratterizzata da un’ipoacusia neurosensoriale, bilaterale e congenita, ossia presente sin dalla nascita, ma l’altro pilastro diagnostico, ossia la retinite pigmentosa, che causa una lenta e progressiva perdita della vista, si sviluppa solo a partire dalla tarda adolescenza o dall’età giovanile adulta. In assenza di altri familiari affetti noti, quindi, questa patologia viene all’inizio diagnosticata erroneamente come un deficit uditivo non-sindromico e la diagnosi corretta giunge solo con molto “ritardo”.
In alcune patologie, poi, sono presenti delle cosiddette “finestre diagnostiche”, ossia dei periodi temporali nei quali sono visibili o particolarmente evidenti segni clinici fondamentali per poter porre la diagnosi, al di fuori dei quali diviene molto più difficile porre il sospetto clinico e arrivare alla diagnosi. Ad esempio, nelle condrodisplasie puntate un segno molto specifico, qual è la presenza di anomale calcificazioni delle epifisi delle ossa lunghe, è visibile solo fino ai primi nove mesi di vita. Dopo tale epoca, quindi, la diagnosi diviene più complicata e, di conseguenza, può facilmente giungere “in ritardo”.
Infine, per alcune condizioni la diagnosi è solo “di esclusione”, essa cioè può, per definizione, essere posta solo dopo l’esecuzione di varie visite e indagini strumentali e/o di laboratorio, che possono condizionare significativamente la durata dell’iter diagnostico e, in definitiva, ritardare apparentemente il momento della diagnosi.
D – Può dirci in breve cosa è stato fatto finora per ridurre il ritardo diagnostico delle malattie rare in Provincia di Bolzano?
Un altro fattore che contribuisce a ridurre il ritardo diagnostico è rappresentato dall’attività di informazione e orientamento degli operatori sanitari e dei cittadini svolta dal nostro Centro di Coordinamento, che, al fine di garantire la necessaria esperienza diagnostica, a seconda del sospetto clinico indirizza i pazienti verso i centri provinciali di competenza oppure, se necessario, verso centri di riferimento più grandi e con particolari competenze, ubicati in altre regioni italiane, come sono i centri che afferiscono alle cosiddette ERN, acronimo per “European Reference Networks”, ossia le reti europee dedicate alle malattie rare. In questi casi, quindi, sebbene il paziente debba in genere recarsi fuori provincia, non si tratta di avviare una sorta di Odissea diagnostica, quanto di assicurare nel più breve tempo possibile una valutazione presso un centro dotato di una specifica ed elevata expertise diagnostica. L’attività della rete a livello locale e in tutte le sue articolazioni sovraregionali e quella del Centro di Coordinamento alimentano il Registro Provinciale delle Malattie Rare che, da quando è divenuto operativo (2008), ha censito oltre 7.000 certificati di malattia rara. Attualmente le persone in vita, residenti in provincia di Bolzano e affette da malattia rara risultano essere oltre 5.000, un numero questo corrispondente ad una prevalenza di circa 9 casi ogni 1.000 abitanti, e le patologie rare diagnosticate ammontano a 735*. Sebbene ci si ancora molto da lavorare, tali dati appaiono nel loro complesso indicativi di una buona capacità diagnostica. Se, infatti, si vanno ad effettuare delle “stime di copertura” di varie malattie rare, stime cioè di quanti casi di una determinata condizione son censiti nel registro, per molte di queste patologie si osservano percentuali di copertura superiori all’80% o addirittura superiori al 90%, indicative del fatto che la rete riesce nel suo complesso a intercettare in maniera soddisfacente le persone affette da queste condizioni.
Un ulteriore elemento che ha contribuito in maniera mirata alla riduzione e, per alcune patologie, addirittura all’annullamento del ritardo diagnostico è stata l’introduzione in Provincia di Bolzano dello “screening neonatale esteso” (SNE) delle malattie metaboliche ereditarie, che è avvenuta già nel 2006, ossia oltre 12 anni prima rispetto alla quasi totalità delle altre regioni italiane. Attualmente lo SNE che viene eseguito a livello locale permette, in aggiunta alle 3 patologie che già in passato erano oggetto di screening neonatale obbligatorio (fenilchetonuria, fibrosi cistica e ipotiroidismo congenito), di individuare precocemente ben 40 patologie metaboliche ereditarie. In molti casi la diagnosi arriva addirittura prima della comparsa dei sintomi e per diverse malattie il tempestivo avvio del trattamento che segue la diagnosi precoce risulta decisivo non soltanto per una più efficace gestione della patologia, ma anche per garantire la sopravvivenza stessa del paziente.
Altri fattori funzionali alla riduzione del ritardo diagnostico sono stati, per alcune malattie rare, la definizione di criteri diagnostici e lo sviluppo di protocolli e algoritmi diagnostici condivisi, utili per orientare più velocemente i medici verso il sospetto e la diagnosi. Sicuramente utile inoltre è stata l’attività di formazione del personale sanitario, che si è realizzata attraverso l’organizzazione a livello locale di corsi e convegni dedicati alle malattie rare.
Per le malattie rare genetiche un fattore che in maniera specifica ha contribuito nel corso degli ultimi anni ad accorciare il ritardo diagnostico è stato l’utilizzo sempre più diffuso nella pratica clinica di tecniche di “next generation sequencing” (NGS), ossia di tecniche di sequenziamento di seconda generazione, che hanno permesso di sequenziare simultaneamente più frammenti di DNA e di analizzare le porzioni codificanti di un elevato numero di geni in un unico esperimento. In moti casi ciò ha permesso, anche in Provincia di Bolzano, di velocizzare significativamente rispetto al passato l’iter diagnostico genetico-molecolare, che spesso seguiva un approccio cosiddetto gene by gene, ossia l’analisi sequenziale di un gene dopo l’altro, con un conseguente netto allungamento di tempi di diagnosi.
Infine, anche la sensibilizzazione nei confronti delle malattie rare è un noto fattore che può indirettamente contribuire a ridurre il ritardo diagnostico e la giornata mondiale dedicata a queste patologie è stata sempre un’occasione che, in collaborazione con le associazioni di malati rari e, in particolare, con la Federazione per il Sociale e la Sanità, abbiamo sfruttato, come anche quest’anno, per parlare di queste patologie all’intera comunità.
R – Per accelerare la diagnosi delle malattie rare sarà utile sviluppare ulteriori protocolli diagnostici condivisi e PDTA specifici per patologia. Sarà inoltre opportuno allargare il pannello di malattie rare oggetto di screening neonatale. A questo riguardo segnalo che, a breve, è prevista l’introduzione anche in Provincia di Bolzano dello screening neonatale genetico-molecolare dell’atrofia muscolare spinale, che finora è stato attivato solo in poche altre regioni italiane.
Un’altra azione che potrebbe contribuire a ridurre il ritardo diagnostico sarebbe quella di rafforzare la cooperazione dei centri di riferimento per le malattie rare della nostra provincia e del nostro Centro di Coordinamento con le altre strutture del servizio sanitario provinciale (reparti ospedalieri, servizi ospedalieri e del territorio, ambulatori specialistici, dei pediatri di libera scelta e dei medici di medicina generale) e i pazienti, anche utilizzando soluzioni tecnologiche “innovative” di telemedicina, come le consulenze a distanza e le televisite. In casi particolari o di sospetto di patologie ultrarare, nei quali è richiesta un’expertise ultraspecialistica, le stesse tecnologie potrebbero essere utilizzate anche per incentivare l’interazione tra i centri di riferimento provinciali per le malattie rare e centri di riferimento più grandi e con particolari competenze, come quelli delle ERN. È facilmente prevedibile che queste applicazioni di telemedicina si svilupperanno sempre di più in futuro, ma, per sfruttare al meglio tutte le loro potenzialità, ci vorrà anche un parallelo sviluppo della normativa che deve necessariamente regolare tale settore.
Un'altra via che in futuro potrà ulteriormente velocizzare la diagnosi delle malattie rare sarà un maggior utilizzo di tecnologie innovative di supporto alla diagnosi. Ad esempio, per quanto riguarda le malattie genetiche, in un futuro ormai prossimo si prevende che entrerà sempre più nella pratica clinica l’applicazione di tecnologie di sequenziamento di terza generazione, in grado di leggere sequenze di DNA più lunghe e con maggiore velocità rispetto alle tecniche di NGS attualmente in uso. Queste tecnologie, che finora sono state utilizzate quasi esclusivamente in un ambito di ricerca, consentiranno di identificare in un un’unica analisi del DNA alterazioni che con le tecniche di sequenziamento di seconda generazione non sono visibili o non sono sempre visibili (ad esempio, riarrangiamenti genomici strutturali, anche di piccolissime dimensioni, mutazioni introniche, alterazioni in regioni genomiche non indagabili con le tecniche attuali, alterazioni da amplificazioni patologiche di sequenze ripetute, ecc.). Ciò consentirà di abbreviare ulteriormente i tempi di diagnosi, in quanto eliminerà vari step che vengono attualmente seguiti nell’iter diagnostico genetico di molte malattie genetiche rare.
Tra le tecnologie innovative potenzialmente in grado di ridurre in futuro il ritardo diagnostico, rientrano anche eventuali applicazioni di intelligenza artificiale che, proponendo delle diagnosi computer-assistite, potranno essere di supporto ai medici nel processo decisionale e diagnostico. Più in particolare, si tratta di sistemi che, sfruttando algoritmi di machine learning, per ogni singolo paziente sono in grado di raccogliere, memorizzare ed elaborare molto velocemente, a fini diagnostici, una mole talmente elevata di dati biometrici, clinici, strumentali, laboratoristici e omici (derivabili dalla cartella clinica elettronica, dagli eventuali dispositivi biomedici connessi al paziente, da eventuali sue foto facciali, dalle eventuali indagini di sequenziamento effettuate, ecc.) che, considerato anche il numero elevato di malattie rare, sarebbero molto più difficili da analizzare nel loro complesso e alla stessa velocità da parte di un singolo medico, per quanto adeguatamente formato e parte di un team multidisciplinare dedicato alla diagnosi delle malattie rare.
Per ridurre il ritardo diagnostico, infine, sarà utile continuare a svolgere attività di informazione, formazione e sensibilizzazione sulle malattie rare.
D – Cosa consiglia di fare ad una persona che sospetta di essere affetta da una malattia rara?
R – Il mio consiglio è quello di contattare il nostro Centro di Coordinamento per le malattie rare:
indirizzo: Viale Europa, 31 – 39100 Bolzano (presso il Servizio di Consulenza Genetica dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige)
e-mail: malattierareBZ@sabes.it / seltenekrankheitenBZ@sabes.it
numero di telefono: 0471-437109 (lunedì-venerdì, dalle 08:00 alle 12:00).
* La fonte dei dati relativi alle malattie rare nella Provincia di Bolzano è il Registro delle Malattie Rare della Provincia Autonoma di Bolzano, che è gestito dal Centro di Coordinamento Provinciale per le Malattie Rare, in collaborazione con l’Osservatorio Provinciale per la Salute. Tutti i dati sono aggiornati al 31 dicembre 2022.
D = domanda; R = risposta.